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Informazioni e consigli sulla crescita e la salute del bambino,
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Autosvezzamento o svezzamento tradizionale?

bambino seduto sul seggiolone mangia delle carote e dei broccoletti

Cos’è lo svezzamento

Con il termine svezzamento (o divezzamento) si indica tradizionalmente il passaggio dall’allattamento esclusivo ad un’alimentazione solida. Negli ultimi anni, tuttavia, a questo termine si è sostituito il concetto meno “traumatico” (svezzamento letteralmente sottolinea l’abbandono di un “vezzo”, cioè dell’allattamento) di alimentazione complementare, intendendo così l’introduzione di nuovi cibi solidi e semisolidi come un’integrazione, e non una sostituzione, dell’alimentazione lattea, ritenuta comunque di fondamentale importanza soprattutto se al seno.

Che differenza c’è tra svezzamento e autosvezzamento

Nello svezzamento tradizionale il passaggio da un’alimentazione esclusivamente a base di latte ad un’alimentazione mista avviene sulla base di uno schema che regola le modalità di introduzione dei singoli alimenti e le quantità orientative di alimenti per gruppo alimentare da somministrare a ciascun pasto; l’adulto aiuta il bimbo ad introdurre i cibi in bocca con il cucchiaino.

Dai primi anni 2000, tuttavia, ha iniziato ad essere introdotto il termine di “autosvezzamento”, che si contrappone alla rigidità dello svezzamento tradizionale e si pone l’obiettivo di creare le condizioni ideali per cui bambino possa imparare a mangiare, a riconoscere l’alternanza di fame e sazietà e a conoscere gli alimenti in modo autonomo e in un contesto non direttivo ma accogliente e attento alle sue preferenze. 

Successivi sviluppi e differenziazioni hanno poi definito due interpretazioni, l’Alimentazione complementare a richiesta (ACR) e il più estremo Baby Led Weaning (BLW), che non sono da confondere tra loro pur avendo in comune almeno due concetti: semplicità nella qualità e autonomia.

Autosvezzamento: semplicità nella qualità

Gli alimenti appositamente studiati e realizzati per la prima infanzia sono ovviamente di ottima qualità. Nell’autosvezzamento si utilizzano però preferibilmente gli “alimenti di casa”, gli stessi cioè che assumono “i grandi”.

Attenzione però: questa è l’occasione per fare un’attenta revisione su come mangiate voi grandi e per modificare le vostre abitudini, a cominciare dalla scelta delle materie prime e dalla modalità con cui vengono cucinate. Ricordate infatti che bevande dolci e gassate, sale, condimenti, fritti, grassi, dolciumi in eccesso fanno male a tutti, grandi e piccini. Al contrario, è bene dare maggiore spazio ad alimenti vegetali, biologici e a filiera corta.

Inoltre è evidente che bisognerà prestare attenzione a proporre il cibo al bambino in un modo compatibile con le sue capacità di assumerlo e soprattutto che non lo esponga a rischi di soffocamento.

Il principio della semplicità nella qualità richiede quindi da parte dei genitori consapevolezza e cultura alimentare: particolare attenzione andrà posta alla varietà dei cibi proposti al bambino (devono essere presenti tutti i gruppi alimentari: carni, pesce e uova; latte e latticini, cereali e tuberi; legumi; grassi di condimento; ortaggi e frutta), in modo analogo alla varietà di principi nutritivi proposta con lo svezzamento tradizionale. Importante anche la modalità di presentazione (i cibi, sia cotti sia crudi, dovranno essere “a misura di bambino” affinché possa manipolarli, introdurli in bocca, masticarli e deglutirli in sicurezza).

Il concetto di autonomia del bambino

I genitori devono fidarsi delle scelte alimentari del bambino e rispettare la sua autonomia:

  • autonomia di gusti, che devono essere rispettati, come rispettate i vostri.
  • autonomia nella quantità sia complessiva in un pasto sia nelle varie componenti del pasto.
  • autonomia soprattutto nel “gesto” del cibarsi: prima con le mani (se non direttamente… con la bocca), poi via via, dandogli in mano le prime posatine con cui, per imitazione, imparerà a destreggiarsi, sia pure a prezzo di piccoli sfracelli intorno al seggiolone…

Cibi allergizzanti: come e quando introdurli

In passato i cibi cosiddetti a rischio di generare allergia, come uova, crostacei, fragole, venivano introdotti più tardi, spesso oltre l’anno di vita, considerando il sistema immunitario del bambino troppo immaturo per tollerarli prima. In realtà è vero il contrario: è proprio nella “finestra” di età che va dai 6 agli 8 mesi che il sistema immunitario del bambino “impara” a tollerare gli alimenti che gli vengono presentati, a maggior ragione per quelli che più facilmente possono scatenare allergie. 

Rimane comunque valida la regola del buon senso, e comunque raccomandata anche dall’OMS, di introdurre gli alimenti con gradualità, uno o comunque pochi per volta, in modo da identificare eventuali intolleranze e/o allergie alimentari.

Nel caso poi il bambino sia allergico ad uno o più alimenti è importante seguire le indicazioni del pediatra, in quanto tracce di alcune sostanze (ad esempio latte, uovo, grano soprattutto) possono essere contenute in molti cibi di comune consumo.

Svezzamento tradizionale o autosvezzamento

Non ci stancheremo di ricordare che le scelte di genitorialità, a maggior ragione se riguardano aspetti così delicati e “naturali” come l’alimentazione, devono essere prese “ascoltandosi”, riconoscendo le proprie emozioni e ansie al riguardo, e scegliendo col buon senso e l’istinto la strada che più sentiamo nostra.

È vero infatti che uno svezzamento “tradizionale” articolato in tappe, formule, dosi, tappe e raccomandazioni più rigide, se applicato alla lettera e senza la dovuta elasticità, rischia di generare ansie e aspettative che, cozzando talora con i gusti e l’accettazione del bambino, possono innescare pericolose “lotte” del tutto inappropriate ad un gesto così innato e piacevole come il cibarsi. 

È però altrettanto vero che una scelta esclusivamente ideologica “di testa” nella direzione dell’autosvezzamento può generare a sua volta ansia nel genitore, che rischia di smarrirsi  di fronte alle libere ed anarchiche scelte del bambino: mangerà a sufficienza? La sua dieta è  equilibrata?

Ascoltate quindi le vostre inclinazioni, le vostre insicurezze e le vostre ansie. I concetti di autonomia e di semplicità (ma nella qualità) degli alimenti possono esservi utili anche nel caso di un percorso più “guidato”, mettendovi al riparo da interpretazioni troppo rigide.

Nulla vieta inoltre che possiate scegliere strade intermedie: potreste ad esempio offrire al vostro bimbo della mozzarellina ben tritata da prendere con le mani mentre voi gli somministrate la pappa; oppure col tempo potreste mettergli in mano un cucchiaino, in modo che pian piano impari ad “appropriarsi della pappa”, sia pure pagando  uno scotto in termini di… schizzi a destra e a manca.

Insomma, prioritario, più che la scelta del tipo di svezzamento, è l’obiettivo di preservare il “vero” significato che l’alimentazione ha, soprattutto in contesti ricchi e perfino opulenti come il nostro sul piano nutrizionale: quello relazionale, cioè di un momento comunitario gioioso e piacevole in cui le persone e i bimbi si riuniscono a tavola, mangiando e chiacchierando, al riparo da telefonini, computer, giornali, televisioni… e anche da eccessive aspettative (e relative discussioni) su “come mangia” il vostro bambino.

Letture e approfondimenti

I concetti base dell’autosvezzamento sono esposti e trattati in diversi testi di riferimento, tra cui:

  • Io mi svezzo da solo. Dialoghi sullo svezzamento di Lucio Piermarini
  • W la pappa di Paola Negri
  • Svezzamento e allattamento di G. De Fiore e J Newman
  • La pappa è facile di Giorgia Cozza
  • Non chiamatelo svezzamento di Sergio Conti Nibali
  • Lo svezzamento è vostro di Carla Tomasini

Consigliamo la lettura di uno si questi testi a tutti i genitori, anche a coloro che, legittimamente, intendano intraprendere un percorso più “tradizionale”.

Pediatra libero professionista a Bergamo. Tutor di Pediatria per il corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano Bicocca.

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