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Coronavirus: cosa occorre sapere, come difendersi

Epidemia di polmonite “cinese”: di cosa si tratta

Dal primo focolaio in Cina alla pandemia

Il 31 dicembre 2019 in Cina, precisamente nella città di Wuhan (11 milioni di abitanti), sono stati segnalati i primi casi di una forma respiratoria aggressiva, dovuta ad un tipo di coronavirus mai isolato in precedenza nell’uomo. L’epidemia, iniziata in realtà a novembre 2019, si è poi diffusa in tutta la Cina e nelle nazioni di tutto il mondo, una pandemia con  oltre 130 milioni di casi accertati e quasi tre milioni  di  morti.

I nomi dell’epidemia: da 2019-nCoV a Covid-19 e SARS-CoV-2

  • 2019-nCoV è il nome attribuito inizialmente al nuovo Coronavirus: 2019 indica l’anno di comparsa del virus, “n” sta per “novel  (nuovo)”, “CoV” sta per “Corona Virus”;
  • SARS-CoV-2: è il nome attuale e definitivo dato al nuovo Coronavirus: “SARS” significa “Severe Acute Respiratory Syndrome (Sindrome respiratoria acuta grave)”, “CoV” sta per “Corona Virus” e “2” distingue questo virus da quello responsabile dell’epidemia del 2002, detta appunto “SARS”, dovuta ad un altro Corona Virus;
  • Covid-19: è il nome della  malattia causata dal SARS-CoV-2: “Covi” sta per “Coronavirus”, “d” sta per “disease (malattia)”, “19” indica l’anno di comparsa dell’epidemia.

Dalla prima alla seconda ondata

Con poche eccezioni (Sud Corea, Taiwan, ma anche Germania, e per citare finalmente una realtà virtuosa nel bel mezzo della drammatica esperienza italiana, in Veneto), tutte le regioni del mondo sono state travolte dalla prima impetuosa ondata pandemica, venendo costrette ad un periodo più o meno lungo di lock down, cioè di chiusura totale delle attività lavorative e sociali, allo scopo di ridurre la diffusione del virus e lo stress cui sono state sottoposte le strutture ospedaliere e soprattutto le terapie intensive.

Gli effetti positivi del lock down

Uno studio pubblicato sulla rivista Nature stima che ad inizio maggio, considerando solo  una decina di nazioni europee, tra cui l’Italia, da 12 a 15 milioni di persone erano state infettate da Covid-19.  D’altra parte, sempre secondo tale studio, basato su modelli matematici, il faticoso ed economicamente oneroso periodo di lock-down imposto in questi paesi  ha evitato circa 3 milioni di morti. In Italia  il lock down ha consentito il calo del numero di posti di terapia intensiva occupati,  del Tasso riproduttivo dell’infezione sotto il valore di 1  (il tasso riproduttivo R0 è il numero di persone che un soggetto infetto può contagiare: se scende sotto 1 l’epidemia si ferma), del numero di ricoveri e di decessi per Covid-19.

Il “prezzo” del lock down

Le restrizioni del lock down, per altro necessario e utile per controllare la pandemia, hanno comportato però un prezzo molto alto, per adulti e bambini:

  • l’indebolimento o la perdita, sia pure temporanea e parzialmente compensata dalle tecnologie informatiche di interazione a distanza, delle relazioni tra le persone, tra le famiglie, soprattutto tra gli adolescenti e tra i bambini, a seguito dell’interruzione della scuola, delle attività lavorative e di tutte le attività di socializzazione
  • le conseguenze economiche dello stop alle attività produttive, che ha messo a rischio o fatto perdere completamente posti di lavoro e attività commerciali
  • l’incremento della conflittualità all’interno delle famiglie, a seguito del prolungato periodo di forzata convivenza, con aumento delle violenze verso donne e bambini

La seconda ondata, un disastro con minori scusanti

Gli ottimismi estivi sulla possibile estinzione di Covid-19 sono stati smentiti. A parte regioni in cui la fase uno di fatto non si è mai estinta (vedi USA, Sudamerica, India), in Europa e in Italia, non solo il virus non è scomparso, ma si è nuovamente scatenato, determinando una terribile seconda ondata, anche questa caratterizzata dal moltiplicarsi dei contagi, dall’aumento dei ricoveri, in reparti Covid e in terapia intensiva, e infine dei decessi, ormai in Italia quasi 80000). Questa volta il Sud Italia, relativamente poco interessato dalla prima ondata, è stato pesantemente colpito, e così il Veneto, che aveva ben fronteggiato la prima fase epidemica grazie ad un’efficace strategia di contact tracing.  Ancora una volta, complice il “rilassamento” estivo a livello istituzionale e individuale, ci si è trovati impreparati a gestire l’ondata di contagi, al punto da dover ricorrere, se non al lock-down totale come nella prima fase, ad una pesante anche se più articolata restrizione degli spostamenti e dei comportamenti individuali e della vita sociale, produttiva. culturale del paese.

La terza ondata e le varianti

Puntualmente, a febbraio-marzo 2021, il mondo occidentale si è trovato nuovamente in preda ad una recrudescenza dei contagi e delle morti. La terza ondata, oramai pienamente in atto, infuria, alimentata dalle “varianti” del virus, in particolare da quella inglese, oramai maggioritaria in gran parte dei paesi europei, che con il suo prolungato periodo di contagiosità (fino 13-14 giorni rispetto ai 10 medi precedenti)  ha ridotto di molto l’efficacia dei provvedimenti di quarantena “tarati” sulla versione originaria del virus. Altre varianti, come quella sudafricana e brasiliana, non sembrano essere più contagiose, ma destano, in particolare quella sudafricana, qualche preoccupazione circa l’efficacia dei vaccini. Di certo ha contribuito alla terza ondata anche l’eccessiva fiducia accordata ai test antigienici rapidi, in particolare di prima e seconda generazioni, la cui capacità di individuare il virus e in particolare le varianti, sembra molto inferiore a quanto dichiarato dalle case produttrici. Per di più si è diffuso un pericoloso ricorso al “fai da te”, che ha favorito la circolazione di persone contagiose, convinte di non esserlo per aver eseguito un test poco affidabile e in tempi non adeguati.

Gli strumenti per fronteggiare il Covid-19

Alle soglie della terza ondata, attesa per fine gennaio, rimane  fondamentale mantenere comportamenti prudenti, più che mai validi. Altrettanto importante una puntuale e assidua “caccia” al virus attraverso le procedure di tracciamento e isolamento dei focolai epidemici.

Strategia “Identifica ed isola” (contact tracing)

E’ la strategia dimostratasi più efficace nel contenere, se non arrestare, la prima terribile ondata epidemica di Covid-19, e che ha consentito a nazioni come Sud Corea (che ha un numero di posti di terapia intensiva inferiori all’Italia), Taiwan, Germania, ma anche alla Regione Veneto, di limitare moltissimo i danni.
Si tratta di una specie di continua sfida di “guardia e ladri”. Da una parte il virus, che si trasmette al lavoro, a scuola, nelle attività sociali, attraverso i malati ma anche e soprattutto i soggetti poco o per nulla sintomatici. Dall’altro il sistema sanitario, che non appena individua un malato lo testa, lo isola, traccia e testa tutti i suoi contatti, isolandoli a loro volta. In questo modo il virus continua a circolare nella popolazione, ma la sua trasmissione ne viene inseguita e rallentata. Lo scopo di questa sfida quindi non è solo identificare e curare tempestivamente i malati, ma anche bloccare sul nascere o il prima possibile ogni tentativo del virus di diffondersi e, soprattutto, di evitare una nuova esplosione di contagi e di malati tale da saturare e mandare in tilt le strutture ospedaliere e le terapie intensive, che, come successo soprattutto in alcune regioni italiane come Lombardia e Piemonte che non hanno adottato tale approccio, inevitabilmente si traduce in una mortalità elevata. Particolare attenzione deve essere data a contesti a rischio (RSA, Università, Ospedali, Comunità, professioni come quelle sanitarie o parrucchieri, ecc.), che devono essere sottoposti a test frequenti e a tappeto.

I tamponi antigenici

La circolare del Ministero della Salute dell’8 gennaio 2021 ha promosso l’impiego dei test antigenici, accanto al “classico”  e relativamente lento e macchinoso tampone con metodica PCR, soprattutto in fasi (ondata epidemica) e contesti (focolai ad alto rischio) in cui la rapidità e ubiquitarietà dell’esecuzione e del risultato sono particolarmente importanti.

Nei tamponi antigenici non viene più ricercato il genoma del virus, ma i suoi antigeni, cioè le strutture esterne che lo rendono riconoscibile  al sistema immunitario; la metodica è del tutto simile a quella utilizzata comunemente per il tampone per lo streptococco gruppo A, e consente una risposta rapidissima, nel giro di 15 minuti. La loro attendibilità, scarsa nei test di prima e seconda generazione, ha quasi raggiunto il livello del tampone con metodica PCR grazie alle metodiche di ultima generazione, e questo ne dovrebbe consentire l’utilizzo sia nella diagnosi di Covid in soggetti sintomatici, sia nella ricerca, in vari contesti (contatti stretti di Covid, monitoraggio di popolazioni a rischio come carcerati e migranti, ecc.), dei portatori asintomatici.

I test sierologici

I test sierologici, che ricercano nel sangue del paziente gli anticorpi eventualmente prodotti dal sistema immunitario del soggetto infetto, non hanno alcuna utilità per il singolo, sia per la diagnosi (è in corso un’infezione? il soggetto ha avuto o no un’infezione da coronavirus?), sia per determinare se la persona con il test positivo agli anticorpi è protetta contro nuove infezioni.

Sono invece  utili, se somministrati a campioni significativi per quantità di soggetti interessati e per loro rappresentatività della popolazione generale, sul piano epidemiologico, cioè per valutare quante persone di quel campione esaminato sono state infettate dal coronavirus.

La loro utilità invece, anche a scopo epidemiologico, cala di molto nei casi in cui il campione di persone sottoposte al test non è rappresentativo della popolazione cui il campione appartiene, per vari motivi, tra cui ad esempio la paura, per chi si sottopone al test, di incorrere in periodi di isolamento e quindi di stop lavorativo in caso di positività e in attesa del tampone.

Le APP

Nel periodo successivo alla prima ondata si è assistito ad un “fiorire” di iniziative con cui Regioni, ASL, Province, e infine anche lo Stato Nazionale, hanno realizzato e proposto ai cittadini di scaricare ed utilizzare applicazioni per Smartphone con cui poter aggiornare ed informare in tempo reale le autorità sanitarie sul loro stato di salute e su eventuali contatti con persone affette da Covid-19. Più o meno ben fatte, presentano comunque limiti molto importanti, che le rendono già in partenza poco utili per ottenere una tempestiva ed efficace identificazione e il tracciamento dei malati e dei lotro contatti:

  • la adesione su base volontaria
  • la tecnologia di realizzazione che non garantisce un reale e sicuro rispetto della privacy del cittadino, e quindi rende meno propenso quest’ultimo ad utilizzare l’app
  • l’utilizzo e l’aggiornamento dei dati lasciato al senso di responsabilità e consapevolezza del singolo utilizzatore
  • il requisito di una minima dimestichezza con il mezzo informatico (che rende quindi l’app poco utilizzabile proprio dai soggetti più fragili e a rischio, come gli anziani, o che possono essere più facilmente vettori asintomatici come i bambini)
  • il limite geografico: le app regionali o addirittura subregionali, non “dialogando” sul piano informatico con app di altre zone, non sono in grado di dare informazioni su eventuali incroci sospetti tra persone provenienti da aree geografiche diverse
  • alcune risentono gravemente dei limiti  e degli errori strategici regionali di fondo: basti pensare ad Alertalom di Regione Lombardia, che chiede al cittadino utilizzatore  di specificare  “se è stato a contatto con un caso accertato di Covid-19”, praticamente quasi impossibile a verificarsi nei soggetti, che sono la maggioranza, che non sono arrivati al ricovero e quindi non hanno eseguito un tampone diagnostico …)

Anche l’APP realizzata dallo Stato italiano, chiamata “Immuni“, che sembra affrontare in modo tecnicamente valido il nodo della privacy e che è necessariamente e lodevolmente utilizzabile su scala nazionale, presenta due limiti fondamentali, per altro non superabili se non con la coercizione e il controllo, apparentemente incompatibili con uno stato di democrazia:

  • l’adesione volontaria, di cui si è detto
  • il fatto che sia poi lasciato al singolo utente e al suo senso di responsabilità la libertà di mettere o non mettere in atto su se stesso i provvedimenti (autoisolamento, attivazione dell’ASL e del medico di riferimento, ecc.) conseguenti ad un eventual contatto stretto con altro utente malato di Covid-19

In Sud Corea un App di questo tipo è risultato uno strumento utile per identificare e tracciare casi e contatti, ma in un contesto culturale e organizzativo molto diverso da quello italiano.

In ultima analisi quindi le APP, per quanto tecnicamente ben fatte, possono affiancarsi ma non certo sostituirsi c alle “classiche” e ben collaudate strategie di identificazione ed isolamento dei malati e tracciamento dei loro contatti.

Il vaccino

A tempo di record, con investimenti senza precedenti, e bruciando tappe che normalmente richiedevano anni, sono stati pensati,  realizzati e avviati alla sperimentazione circa 200 progetti di vaccino, di cui, ad un solo anno di distanza dalla comparsa del Covid, alcuni sono divenuti disponibili e praticabili per la vaccinazione di massa. Ciò ha consentito di mettere in atto quella che promette di essere la vera arma decisiva per sconfiggere o almeno controllare con efficacia il Covid. Siamo solo agli inizi, ma sia i dati sperimentali che i dati conseguenti alla somministrazione già in decine di milioni di persone consentono di essere ottimisti sia sull’efficacia che sulla sicurezza dei vaccini attualmente disponibili, cui seguiranno altri che amplieranno e velocizzeranno la campagna vaccinale. La strada è lunga, e i primi effetti cominceranno a vedersi solo a inizio febbraio, almeno per le categorie prioritariamente vaccinate, come gli operatori sanitari e gli ospiti e operatori delle RSA. Solo dopo seguiranno gli anziani e infine le categorie produttive e i giovani. per ultimi gli adolescenti e i bambini, che per fortuna per altro risultano molto meno vulnerabili al Covid-19. Molte tuttavia sono ancora le incognite, come gli effetti del vaccino sulla contagiosità delle persone, la durata della protezione, la disponibilità di vaccini a livello mondiale, condizioni importanti per capire quanto quest’arma si dimostrerà risolutiva nel debellare il virus.

Il ruolo dei cittadini

Se a governanti  nazionali, regionali e comunali, esperti, Servizi Sanitari Nazionale e Regionali, infrastrutture organizzative come Protezione Civile e  Forze dell’Ordine spetta l’onere di gestire, organizzare e controllare l’andamento della fase 3, se il vaccino promette di cambiare radicalmente le prospettive anti-Covid a medio e lungo termine,  ai cittadini, a tutti i cittadini, spetta il compito e la responsabilità di mantenere tutti i comportamenti e le precauzioni utili sia a evitare di infettarsi e quindi di ammalarsi, sia a evitare la diffusione del virus nella popolazione e soprattutto ai soggetti più deboli (anziani e pazienti cronici in particolare). 

Per capire quali sono tali comportamenti è necessario comprendere  le caratteristiche e il comportamento del Covid-19, ancora in parte poco conosciute.

Le conoscenze sul Covid-19

I coronavirus sono una grossa famiglia di virus responsabili di vari quadri clinici, da semplici raffreddori a forme respiratorie severe ed epidemiche, come la SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) e la MERS (Middle East Respiratory Syndrome). Il SARS-CoV-2 è geneticamente molto simile al virus della SARS e, come nel caso della SARS (zibetti) e della MERS (dromedari), l’epidemia attuale, è partita  dal passaggio del virus, diretto o tramite animali ospiti intermedi, dai pipistrelli all’uomo, probabilmente nel contesto promiscuo dei mercati di animali vivi di Wuhan.

Modalità di trasmissione

La trasmissione del virus avviene principalmente attraverso le goccioline emesse con la tosse, gli starnuti e durante la normale (anche se ravvicinata e sufficientemente prolungata, almeno per 15 minuti) conversazione (soprattutto se a voce alta, minore a voce bassa), fino ad una distanza di circa 2 metri. Il soggetto infetto è contagioso già 2 gg dopo aver contratto il virus, e la sua contagiosità, con l’avvento delle varianti, in particolare di quella inglese, si prolunga fino a 2 settimane dopo.

Il SARS-CoV-2 persiste a lungo (anche fino a 3 giorni) sulle superfici (soprattutto se lisce e di plastica o metallo) anche se non è ancora chiaro quanto sia concretamente vitale e in grado di infettare. Tuttavia, soprattutto in ambienti in cui gli oggetti vengono toccati  frequentemente da più persone (ambienti domestici, lavorativi, scolastici, suprmercati) è importante anche la trasmissione per contatto indiretto col virus depositatosi su oggetti, che poi viene portato alla bocca, al naso e agli occhi con le mani. 

Ancora oggetto di studio la sua importanza, ma certamente possibile, anche la via orofecale, considerando che, soprattutto nei bambini, il virus provoca abbastanza frequentemente (in circa il 20% dei casi) disturbi gastrointestinali e che è stata riscontrata la presenza del virus nelle feci anche a lungo dopo la negativizzazione del tampone nasale. Attenzione quindi al cambio del pannolino nel bambino o eventualmente  del pannolone negli anziani o nei malati, procedure che vanno sempre eseguite indossando mascherina e guanti usa e getta.

La via aerosolica, cioè la trasmissione in forma di particelle molto piccole e leggere e sospese nell’aria, e in grado quindi di essere trasportate anche a distanza, inizialmente considerata limitata solo a condizioni molto particolari, come l’esecuzione appunto degli aerosol, o le procedure di ventilazione assistita, sembra invece svolgere un ruolo significativo anche in ambienti chiusi e con scarso ricambio d’aria, dove il virus con questo meccanismo può diffondersi rapidamente anche a persone distanti 7-8 metri dal soggetto o dai soggetti fonte del virus.

Contagiosità del virus: Tasso riproduttivo

Il “tasso o numero di riproduzione di base (R0)”  di un agente patogeno (virus o battere che sia) indica il numero di nuove infezioni che ciascun individuo infetto provoca in una popolazione completamente “vergine” (il termine tecnico è “suscettibile”),  cioè mai venuta a contatto con quel virus o battere. In pratica, se l’R0 di una malattia infettiva è circa 3, significa che in media un singolo malato infetterà tre persone. Quanto maggiore è il valore di R0 tanto maggiore è il rischio di diffusione dell’infezione. Nel caso del SARS-CoV-2 R0 sembra essere tra 2 e 3.

R0 quindi esprime in qualche modo la contagiosità  “di base” del virus, che poi nei fatti e soprattutto man mano che l’epidemia procede cambia (si parla in questo caso di Rt) per effetto di  alcuni fattori:

  • il potere infettante proprio del virus (da quanto facilmente cioè il contatto tra una persona infetta e una sana infetta anche quest’ultima; nel caso del virus del morbillo è più di 10 volte superiore rispetto al SARS-CoV-2)
  • la durata della contagiosità dei soggetti infetti (anche questa dipende dalle caratteristiche del virus e da come esso interagisce con l’organismo)
  • il numero dei contatti della persona infetta
  • il numero dei soggetti suscettibili all’infezione nella popolazione, che ovviamente diminuisce man mano che più persone contraggono il virus e possibilmente ne divengono immuni.

Dei fattori citati, i primi due dipendono dalle caratteristiche  del virus ed entro certi limiti rimangono costanti nel tempo, mentre gli ultimi due non dipendono dal virus ma da fattori ad esso esterni (ad esempio dalle strategie di identificazione degli infetti e del loro isolamento, oltre che dai provvedimenti sociali di distanziamento)

Attenzione però a considerare il tasso riproduttivo come l’unico e insindacabile indicatore del controllo dell’epidemia: soprattutto se i numeri di casi positivi sono piccoli, piccole variazioni di questi  possono generare grosse variazioni del tasso riproduttivo, da prendere con le pinze e da confrontare insieme ad altri indicatori, come i ricoveri e il numero di forme severe, prima di trarre conclusioni.

Resistenza nell’ambiente

Dopo che una persona infetta ha respirato, o tossito o parlato in un certo ambiente, soprattutto senza protezione, il virus rimane sospeso nell’aria fino a 3 ore dopo. Il SARS-CoV-19 resiste invece  sulle superfici, soprattutto se lisce, per molto più tempo: sul rame fino a 8 ore, sul tessuto fino a 24 ore, sulle banconote, sul cartone, la carta di giornale  e sul vetro fino a 48 ore, sull’acciaio e sulla plastica fino a 4 giorni, sulle mascherine fino a 1 settimana. Non è ancora però chiaro se e quanto il virus, oltre che persistere sulle superfici, mantiene in questi casi il suo potere infettante.

In ogni caso il virus è facilmente eliminabile dalle superfici mediante comuni disinfettanti a base di candeggina all’1%, alcool  al 75%, perossido di idrogeno, acido peracetico e cloroformio.

Carica infettante

Il rischio di contrarre l’infezione ma anche entro certi limiti la gravità dell’infezione sono correlati  con la carica infettante, cioè in pratica la quantità di virus cui viene esposta in breve tempo una persona.  Tale carica infettante è sicuramente maggiore negli ambienti chiusi  e in spazi ristretti (ambienti domestici, ascensori, sale d’attesa, negozi, ambiti lavorativi, aule scolastiche) e/o in caso di contatti diretti e ravvicinati  (tosse, starnuti, conversazione prolungata e ravvicinata per almeno 15 minuti) con persone infette (soprattutto se nella fase sintomatica) o con loro secrezioni o feci. Anche il contatto indiretto ma frequente che si verifica in ambienti domestici o lavorativi condividendo oggetti di uso comune (cornetta telefonica, penne, tastiere, ecc.) può avere un ruolo significativo.  Minore invece, anche se variabile a seconda dei casi, la carica infettante cui si è esposti all’aperto (soprattutto se si mantiene la distanza di sicurezza), oppure manipolando occasionalmente oggetti toccati da persone infette.

Portatori sani

E’ certo che il virus può essere trasmesso anche da soggetti che non presentano sintomi (portatori sani).   I portatori sani sono certamente uno dei fattori principali e meno controllabili della propagazione dell’infezione nella  popolazione, soprattutto se non li si “cerca”, individua ed isola tra i contatti delle persone infette che hanno sintomi.

Incubazione

Per incubazione si intende il tempo che passa tra il momento in cui la persona contrae il virus e quello in cui comincia a manifestare i primi sintomi della malattia.  E’ un dato molto importante, perché su di esso ci si basa ad esempio per stabilire il periodo di isolamento di una persona che sia venuta a contatto con un malato. Attualmente l’incubazione viene ritenuta  mediamente di  5-7 giorni, con un minimo di 1 giorno e un massimo di 14 giorni.

Mutagenicità e varianti

Per mutagenicità si intende la tendenza di un virus ad andare incontro a mutazioni, cioè a cambiare una o più delle migliaia di “lettere” di cui è composto il suo RNA, dando origine a delle “varianti” del virus originario.  Moltissimi  virus “mutano”: basti pensare al virus influenzale, che continuamente cambia caratteristiche, tanto da rendere necessario ogni anno riformulare il vaccino antinfluenzale. Ogni mutazione non solo può rendere meno riconoscibile al sistema immunitario il virus, ma anche modificarne sia pure parzialmente le capacità infettanti e di aggressività. Il coronavirus non fa eccezione, e anzi le sue mutazioni sono state individuate e “mappate” dagli infettivologi di tutto il mondo (è questo che si intende quando si parla di “tracciamento”), consentendo di:

  • “ricostruire” abbastanza fedelmente il “percorso” seguito dal virus nella sua diffusione a partire da Wuhan.
  • individuare punti dell’RNA del virus particolarmente “vulnerabili” e quindi che potrebbero rappresentare punti di attacco per eventuali nuove terapie e farmaci
  • individuare tempestivamente e tracciare nella loro diffusione mutazioni in grado di modificare significativamente il comportamento del virus, e in particolare la sua contagiosità (come avvenuto recentemente per la “variante inglese”) e/o la sua aggressività (come si ipotizza sia avvenuto in Lombardia a febbraio 2020) e/o la sua sensibilità ai vaccini (v. variante sudafricana e vaccino Astra-Zeneca)

Gli anticorpi

Come per tutte le infezioni, l’organismo, attraverso il sistema immunitario, produce degli anticorpi, che hanno sia lo scopo di individuare e contribuire a combattere il virus, sia a sviluppare una difesa persistente nel tempo e in grado di proteggere l’organismo da successive nuove infezioni da parte del Covid-19. Compaiono, in base alle attuali conoscenze, alcuni giorni dopo la comparsa dei sintomi. In particolare  gli anticorpi di tipo IgG tendono a persistere a lungo, anche se per quanto non è ancora possibile dirlo con certezza, vista la “giovane età” del virus. Neppure è chiaro, allo stato attuale delle conoscenze, quanto tali anticorpi conferiscano al soggetto che ha superato la malattia, una difesa efficace contro eventuali nuove infezioni. In base a studi pubblicati di recente sembrerebbe di sì, ma sono necessarie ulteriori conferme.  Inoltre, vi è il dubbio che i soggetti che contraggono l’infezione ma non manifestano sintomi (asintomatici) o li manifestano in forma lieve (paucisintomatici), non sviluppino una difesa anticorpale o la sviluppino in forma non sufficiente a proteggerli da nuove infezioni. 

Pericolosità del virus

Allo stato attuale,  facendo riferimento al numero di casi accertati, le forme aggressive severe sembrano essere circa il 10%, e la letalità (percentuale di decessi sul totale dei soggetti infetti) il 3 %.  In questo senso il SARS-CoV-2 è molto meno aggressivo dei virus “cugini” della SARS e della MERS, ma più aggressivo dell’influenza (tasso di letalità variabile a seconda dell’annata, ma mai superiore all’1%).

La pericolosità di un virus dipende  però anche dalla sua capacità di contagiare le persone, che nel caso di questo coronavirus sembra essere particolarmente alta. In altre parole, un virus come il SARS-CoV-2, con una relativamente bassa aggressività ma che colpisce moltissime persone può causare molti più danni di un virus molto aggressivo ma con scarso potere infettante.

In particolare il SARS-CoV-2 si è rivelato più “intelligente”del suo cugino responsabile dell’epidemia di SARS del 2002. Quest’ultimo, infatti, molto più aggressivo e letale, di fatto eliminava o determinava il ricovero in terapia intensiva delle sue vittime prima che potessero trasmettere l’infezione a molte altre persone. Il SARS-CoV-2, invece, causa spesso e comunque in una fase iniziale sintomi lievi, consentendo alla sua vittima nel frattempo di contagiare un gran numero di persone, prima di essere riconosciuto o comunque di aggravare le condizioni del paziente e quindi determinarne l’isolamento. Ed infatti esso ha già causato molti più problemi e vittime del virus della SARS del 2002, che si autoesaurì proprio perché “troppo” letale.

Fattori che possono influenzare Covid-19

Temperatura:  il SARS-CoV-2 sembra essere sensibile alla temperatura e all’umidità, essendo molto più stabile in condizioni di temperatura compresa tra 4 e 11°C e umidità bassa. Sopra gli 11° C sembra perdere aggressività, anche se non proporzionalmente al crescere della temperatura. Viene comunque ucciso dal calore elevato, sopra i 70°.  Il calo dei contagi e soprattutto delle forme severe riscontrato nel periodo attuale potrebbe dipendere in parte da questi fattori.

Inquinamento: Sembra che l’inquinamento negli anni precedenti il 2020 abbia un peso importante sul grado di gravità e mortalità dell’epidemia di Covid-19. Secondo una recente ricerca statunitense, per altro confermata anche da dati Italiani, anche piccole differenze di concentrazione di particolato PM 2.5 nei 15 anni precedenti l’attuale epidemia comportano considerevoli differenze nel tasso di mortalità da Covid-19 (l’aumento di 1 mcg di PM 2.5 comporta un aumento del 15% della mortalità). Si tratta quindi di un’influenza non legata all’attuale concentrazione di inquinanti, che del resto è drammaticamente caduta con il lock down, ma al grado di inquinamento negli anni precedenti. Ciò renderebbe ancora più importante per il futuro la lotta all’inquinamento atmosferico, non solo per gli effetti diretti sulla salute dell’inquinamento stesso, ma anche per i suoi effetti sulla gravità  dell’infezione da Covid-19.

Età: L’infezione da Covid-19  ha sicuramente conseguenze più gravi al crescere dell’età, e particolarmente sulle persone anziane in età superiore a 60 anni. Molto lieve invece mediamente la malattia da Covid-19 in età inferiore a 20 anni, soprattutto nei bambini, con l’eccezione dei neonati e dei bambini di pochi mesi.

Sesso: Covid-19 colpisce molto più frequentemente i maschi, e ciò avviene a tutte le età, bambini compresi

Patologie preesistenti: Ad essere particolarmente a rischio di complicazioni, come del resto anche in caso di altre affezioni respiratorie, sono le persone con  deficit immunitari e condizioni croniche, soprattutto respiratorie.

Farmaci

  • Farmaci per la pressione alta: Non vi sono  evidenze scientifiche né nel senso che assumere questi farmaci peggiori la prognosi in caso di infezione da Covid-19, né in senso opposto, cioè che addirittura possano essere di aiuto. E’ importante che chi utilizza farmaci per la pressione alta mantenga la terapia  in atto e non modifiche la terapia autonomamente  senza aver consultato il Medico di Famiglia.
  • Farmaci antifebbrili e antidolorifici:  Nessuna evidenza anche circa il fatto che l’ibuprofene possa peggiorare l’infezione da Covid-19, ma prudenzialmente l’Organizzazione Mondiale della Sanità sconsiglia l’utilizzo dell’ibuprofene senza aver consultato il proprio medico. In caso di febbre e dolore quindi prudenzialmente meglio ricorrere al paracetamolo. Da evitare invece Acido acetil salicilico.
  • Cortisonici: Vengono talora utilizzati nella terapia del Covid-19, ma solo in situazioni molto particolari. Evitate quindi di assumerli senza indicazione in tal senso da parte del medico. Se il bambino deve assumerli in caso di allergia, può assumerli senza problema, sia per via inalatoria (terapia dell’asma), che per bocca.
  • Antibiotici: non influiscono sul Covid, né in senso negativo, né in senso positivo. Gli antibiotici (tutti gli antibiotici) sono inefficaci sul coronavirus, anche se talora vengono prescritti dal medico soprattutto nell’adulto, temendo che all’infezione virale si aggiunga un’infezione batterica. Come ogni altro farmaco, non devono essere utilizzati senza il parere del medico.
  • Antimalarici: l’OMS raccomanda di evitare l’impiego della Idrossiclorochina, un antimalarico che negli scorsi mesi invece ha trovato larga applicazione nella terapia del Covid-19, a seguito della pubblicazione di un lavoro scientifico su Lancet sugli effetti collaterali cardiologici del farmaco. Per questo anche l’AIFA, agenzia italiana che controlla l’impiego dei farmaci, ne ha vietato l’impiego al di fuori di studi clinici, svolti quindi in contesti ospedalieri.
  • Anticoagulanti: il loro impiego nella prevenzione e trattamento delle frequenti complicazioni tromboemboliche del Covid-19 è abbastanza assodato, ma ovviamente da attuarsi sotto il controllo e su indicazione del medico curante
  • Vitamina D: La vitamina D può essere utile, sentito il pediatra, per supplire alla scarsa esposizione al sole nel protratto periodo di soggiorno casalingo forzato. Secondo recenti studi, inoltre, che però necessitano di ulteriori verifiche, la Vitamina D potrebbe rendere meno probabile contrarre l’infezione e soprattutto sviluppare una grave reazione infiammatoria, che sappiamo avere una parte importante nell’aggravamento della sitomatologia. In ogni modo non vi è alcuna evidenza che assumere alte dosi di Vitamina D sia utile in questo senso. E’ sufficiente quindi una normale supplementazione in Vitamina D.
  • Altre vitamine:   Non vi sono evidenze che attestino che varie vitamine (tra cui la vitamina C ed E) siano efficaci nella cura e nella prevenzione del Covid-19. E’ sufficiente una buona ed equilibrata alimentazione, ricca comunque di verdura, frutta e liquidi. 
  • Acidi biliari: Uno studio ha identificato alcune sostanze, tra cui gli acidi biliari prodotti dal fegato umano, ma anche contenute nell’olio d’oliva e nella liquirizia, che avrebbero la capacità di prevenire e bloccare il sistema con cui il Coronavirus si lega alle cellule, infettandole e penetrandovi all’interno. Nessuna conferma seria, per ora.
  • Lattoferrina: secondo studi italiani avrebbe un effetto protettivo contro l’infezione da covid-19. Anche qui evidenze ancora deboli e da confermare con ulteriori studi
  • Acqua ossigenata: sempre secondo uno studio italiano sciacqui e spray nasali a base di perossido di idrogeno (acqua ossigenata), un potente disinfettante molto attivo anche contro il Covid-19, sarebbero efficaci nel prevenire l’attecchimento alle prime vie aeree di Covid-19. Al di là della necessità di ulteriori studi in tal senso, attenzione all’uso casalingo dell’acqua ossigenata come preventivo. Come collutorio, l’acqua ossigenata deve essere diluita (1 parte di acqua ossigenata e due parti acqua), e come tale viene spesso utilizzata all’inizio delle sedute presso gli studi odontoiatrici.
  • Vaccinazioni: Non interferiscono con il Covid-19 e vanno proseguite normalmente, soprattutto nei bambini piccoli, che hanno bisogno di essere protetti il prima possibile da altre infezioni altrettanto pericolose. Per la stagione 2020-2021 è raccomandata la vaccinazione antiinfluenzale, soprattutto in alcune categorie di adulti e bambini, al fine di ridurre la circolazione del virus influenzale e facilitare la diagnosi di Covid-19.

Come si manifesta: i sintomi

I sintomi ricordano quelli di una “normale influenza”: febbre, rinite, tosse, difficoltà respiratoria, fino alla polmonite, ad una grave insufficienza respiratoria e renale che, in alcuni casi, possono determinare la morte.

Nei casi più delicati la fase critica sembra verificarsi ad una settimana circa dall’inizio dei sintomi, quando talora si verifica un brusco e repentino peggioramento. Può essere d’aiuto nel monitorare la funzione respiratoria l’utilizzo di un saturimetro, un apparecchio che misura in tempo reale il grado di ossigenazione del sangue  (espresso in pressione parziale di ossigeno o PO2) attraverso un sensore applicato ad un dito del paziente. In condizioni normali la PO2 deve essere pari o superiore a 94 a riposo, e non scendere mai, neppure sono sforzo, sotto il valore di 90.

Il decorso, nelle forme che richiedono ricovero e/o somministrazione di ossigeno e soprattutto nei casi in cui siano necessarie l’intubazione e la ventilazione assistita, è lungo, spesso 2-3 settimane prima del miglioramento decisivo. Particolarmente temibili sono le complicazioni tromboemboliche, che possono comparire anche a distanza di tempo dall’esordio dei sintomi.

Come si diagnostica

Cosa si intende per caso possibile, probabile, confermato

La circolare del Ministero della Salute dell’8 gennaio 2021 stabilisce i nuovi criteri di caso, distinguendo:

Caso possibile: una persona accusa uno dei seguenti sintomi:

  • febbre
  • tosse
  • difficoltà respiratoria
  • perdita o alterazione del gusto (ageusia/disgeusia) e/o dell’olfatto (anosmia)

Caso probabile:

  • una persona che rientra nei criteri del Caso possibile  e che nei 14 giorni precedenti  ha avuto un contatto stretto con un caso confermato di Covid-19 o è stato residente/operatore sanitario in contesti sanitari (ospedali, studi medici, ecc) o sociosanitari assistenziali (RSA, reparto di lungodegenza, carcere, centro migranti) in cui circola il Covid-19
  • una persona con quadro radiologico compatibile con Covid-19

Caso confermato: persona che risulta positiva al tampone per Covid-19 con metodica CRP o al  test antigenico per Covid-19

Cosa si intende per contatto stretto

Una persona viene considerata contatto stretto di un Covid-19 se nei 14 giorni precedenti:

  • è stata a stretto contatto (faccia a faccia, conversando entro due metri e per un tempo sufficientemente lungo: almeno 15 minuti) con un caso possibile, probabile o confermato di Covid-19;
  • vive nella stessa casa di un caso sospetto o confermato di Covid-19;
  • ha viaggiato in aereo nella stessa fila o nelle due file antecedenti o successive a quella di un caso possibile, probabile  o confermato di Covid-19;
  • ha avuto un contatto diretto  con secrezioni di una persona affetta da Covid-19 (esempio fazzoletto);
  • si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio sala d’attesa dell’ospedale, aula scolastica) con un caso di Covid-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri.

N.B.:

  • se il caso confermato con cui la persona è stata a contatto ha manifestato sintomi il contatto deve essere avvenuto non più di 48 ore prima della comparsa dei sintomi
  • se il caso confermato con cui la persona è stata a contatto non ha manifestato sintomi il contatto deve essere avvenuto non più di 48 ore prima del prelievo che ha. dato esito positivo.

La conferma diagnostica: il tampone

Il caso possibile o probabilediventa caso confermato se viene identificato il SARS-CoV-2 nel tampone nasale, o faringeo, o su espettorato o su aspirato tracheale (nei soggetti intubati per grave insufficienza respiratoria).

Ecografia polmonare, Rx Torace e soprattutto TAC polmonare sono gli esami che consentono di evidenziare le lesioni polmonari abbastanza tipiche del Covid-19. Nei pazienti ospedalizzati poi ovviamente vengono eseguiti esami ematici in grado di definire meglio la situazione clinica del paziente

Di scarsa utilità invece per la diagnosi di Covid-19 sono i test sierologici.

Si può curare?

Non esiste una terapia specifica per questo virus, mentre è di fondamentale importanza la terapia di supporto, che ha lo scopo sia di lenire i sintomi (paracetamolo per febbre e dolore) sia di sostenere le funzioni vitali del paziente (soprattutto respiratoria con l’ossigenoterapia nei casi lievi con cannula nasale, nei casi moderati con ventilazione assistita, fino all’intubazione nei casi gravi), in particolare nel caso di pazienti particolarmente fragili, come bambini molto piccoli,  anziani e/o soggetti con deficit immunitari e patologie croniche.

Sempre e solo su indicazione del medico, vengono utilizzati spesso anche antibiotici, il cui scopo è trattare e/o prevenire le frequenti sovrinfezioni batteriche, spesso responsabili i aggravamenti del quadro clinico, un anticoagulante come l’enoxaparina, che ha lo scopo di prevenire le frequenti embolie polmonari che complicano in fase avanzata il quadro clinico del paziente, cortisonici, nelle forme ad evoluzione aggressiva.

Non sembra portare a particolari benefici, almeno nella fase di aggravamento, l’utilizzo dei farmaci antivirali, anche se alcuni studi sembrano avvalorare l’efficacia di alcuni di essi in fase iniziale.

Anche la plasmaferesi, cioè il trattamento di un malato di Covid con plasma (la parte di sangue senza cellule come globuli rossi o globuli bianchi) contenente anticorpi di un soggetto guarito, sembra dare risultati significativamente positivi. Si tratta però di una terapia che non può essere adottata su larga scala, perchè non tutti i plasmi dei “donatori” contengono quantità apprezzabili di anticorpi effettivamente “neutralizzanti”, cioè in grado di proteggere contro Covid-19, e quindi sono necessari più donatori per trattare un malato. Per questo tale trattamento viene riservato attualmente a forme gravi di Covid-19, in centri specializzati.

La somministrazione di anticorpi sintetici monoclonali contro Covid-19 si è mostrata efficace, ma solo nelle forme lievi iniziali, e pertanto dovrebbe essere riservata ai soggetti a rischio in una fase preospedaliera.

Come si previene: si può evitare il contagio?

La prevenzione più efficace in caso di epidemie virali rimane la vaccinazione, analogamente a quanto avviene per l’influenza. Tuttavia ci vorrà tempo perché si possa arrivare a realizzare, testare e produrre un vaccino per il SARS-CoV-2. Nel frattempo quindi gli sforzi di noi cittadini si devono concentrare sull’osservanza delle regole stabilite dalle autorità sanitarie nazionali e regionali e sull’adozione di precauzioni e comportamenti  individuali, che hanno lo scopo soprattutto di impedire o limitare la trasmissione del virus da persona a persona.

Regole Nazionali e Regionali

I provvedimenti restrittivi variano considerevolmente nel tempo e da regione a regione o talora anche da comune a comune. Qui citiamo  alcune indicazioni valide a priori, anche se appunto da verificare in base a normative e provvedimenti specifici a livello regionale o locale.

  • Chi ha febbre superiore a 37.5 e sintomi respiratori deve rimanere a domicilio, evitare il più possibile i contatti sociali e avvisare il medico curante
  • Chi è in quarantena perchè contatto stretto di un soggetto positivo o in isolamento perchè è positivo al virus non può assolutamente uscire di casa
  • Divieto di assembramenti di persone sia in luoghi pubblici che privati
  • Divieto per gli accompagnatori di pazienti di rimanere con loro nella sala d’attesa del Pronto Soccorso o delle accettazioni
  • Accesso da parte dei parenti di anziani e non autosufficienti degenti in RSA solo su permesso della direzione sanitaria delle stessa
  • Obbligo per chi ha più di 6 anni (esclusi i soggetti con disabilità incompatibile con la mascherina) di portare con sè e indossare la mascherina in tutti gli ambienti chiusi accessibili al pubblico, sui mezzi pubblici, e ogni qual volta non sia possibile rispettare la distanza interpersonale di sicurezza.

Comportamenti e precauzioni individuali

Non andare al Pronto Soccorso!

Se avete importante difficoltà respiratoria e temete di avere l’infezione da Coronavirus:

  • non andate autonomamente al Pronto Soccorso o all’ambulatorio del medico, ma
  • chiamate il vostro medico, o  il numero verde regionale (vedi sopra) o (se disponibile) il numero verde provinciale o il 112 o il numero verde del Ministero della Salute 1500.

Non recarsi autonomamente all’ambulatorio del medico o del pediatra!

In caso di bisogno, anche per semplici problemi influenzali, contattate il Medico o il Pediatra di Famiglia per telefono, e non recatevi autonomamente al suo ambulatorio!

Rispettare isolamento e quarantena

E’ molto importante che il cittadino con senso di responsabilità rispetti le norme impartite dalle autorità sanitarie  per l’isolamento e la quarantena.

Chi è risultato positivo al tampone per Covid-19 deve rispettare un periodo di isolamento di almeno 10 giorni. Se asintomatico (cioè senza disturbi) al termine dei 10 giorni eseguirà un tampone di controllo, e se questo risulterà negativo il soggetto potrà riprendere le normali attività. Se invece accusa sintomi, potrà eseguire il tampone trascorsi i 10 giorni e a patto che i sintomi siano competamente scomparsi da 3 giorni (con l’eccezione di ageusia e anosmia, cioè perdita di gusto e olfatto, che possono persistere più a lungo).

Chi è contatto stretto di un caso confermato di Covid-19 è tenuto a rispettare un periodo di quarantena di 14 giorni, dopo di chè, se non ha sviluppato sintomi, può riprendere l’attività. In alternativa può terminare la quarantema dopo 10 gg, ma avendo eseguito al 10 giorni un tampone di controllo con risultato negativo.

Misure di protezione individuali

Per tutti

Importante attenersi ad alcune buone abitudini igieniche, utili anche a prevenire il contagio da “normali” virus, come quello influenzale:

  • lavatevi le mani frequentemente, per almeno 1 minuto, o in mancanza d’acqua utilizzare i disinfettanti in gel a base di alcool al 60%;
  • coprite naso e bocca quando tossite o starnutite, meglio con l’avambraccio o il gomito o un fazzoletto usa e getta, che va poi gettato nella spazzatura, meglio se in in contenitore chiuso;
  • evitate di toccarvi con le mani  gli occhi, il naso o la bocca: le mani entrano a contatto con superfici su cui il virus può essersi depositato, e da qui essere trasportato alle vie respiratorie;
  • mantenete una distanza di almeno due metri da persone affette da sintomi respiratori;
  • evitate saluti che comportino contatto con le mani e il viso o le braccia o comunque una vicinanza entro 1 metro;
  • evitate di condividere l’uso di bottiglie, borracce e bicchieri
  • disinfettate le superfici con disinfettanti a base di cloro (candeggina all’1%) o alcool (al 70%);
  • pulite e disinfettate accuratamente e più volte al giorno smartphone, telecomandi, joystick e tastiere, e evitate che vengano passati di mano in mano da una persona all’altra.
  • disinfettate dopo l’uso la cornetta del telefono, e non passatela da una persona all’altra durante una telefonata
  • evitate ambienti affollati e chiusi
  • indossate una mascherina in presenza di altre persone, soprattutto se avete disturbi respiratori o se siete affetti da patologie croniche; 
  • arieggiate frequentemente gli ambienti chiusi, soprattutto dopo che vi sono transitati soggetti con sintomi respiratori.

Per i nostri bambini

  1. Prima di tutto date il buon esempio, applicando voi stessi le precauzioni igieniche di cui sopra; indossate la mascherina solo se avete sintomi respiratori o avete in casa neonati o bambini molto piccoli o con malattie croniche.
  2. Lavate e disinfettate frequentemente le superfici di casa e i giocattoli con disinfettanti a base di alcool al 75% e cloro (candeggina all’1%).
  3. Indossate guanti e mascherina durante il cambio di pannolino, e lavatevi bene le mani prima. e dopo l’operazione
  4. Pulite e disinfettate accuratamente e più volte al giorno smartphone, telecomandi, joystick e tastiere, e evitate che vengano utilizzati da diverse  persone contemporaneamente.
  5. Eliminate mascherine usate e fazzoletti usa e getta riponendoli in un contenitore chiuso e smaltendoli nell’indifferenziata.
  6. Se voi stessi o i vostri bambini siete stati in contatto stretto con un caso di infezione da Covid-19, informate telefonicamente il pediatra o il numero 1500, evitate contatti con altre persone e non andate né portate il bambino all’ambulatorio del pediatra o al Pronto Soccorso.
  7. Insegnate al bambino (e verificate che lo faccia davvero) a:
  • lavarsi le mani frequentemente, per almeno 20 secondi (usate una piccola clessidra o il “conto alla rovescia” di un cellulare, oppure  una canzoncina o una filastrocca), o in mancanza d’acqua utilizzare i disinfettanti in gel a base di alcool almeno al 60%, strofinando bene le mani e le dita fino a che non sembrano essere asciutte;
  • coprire naso e bocca quando si tossisce o si starnutisce, meglio con l’avambraccio o il gomito o un fazzoletto usa e getta;
  • evitare di toccarsi con le mani  gli occhi, il naso o la bocca: le mani entrano a contatto con superfici su cui il virus può essersi depositato, e da qui essere trasportato alle vie respiratorie;
  • non scambiarsi bottiglie, posate, bicchieri, spazzolini e altri oggetti personali
  • mantenere una distanza di almeno due metri da persone affette da sintomi respiratori
  • indossare la mascherina (se il bambino ha più di 6 anni è obbligatorio) in presenza di altre persone

Ultimi aggiornamenti: casi nel mondo e in Italia

I dati relativi ai casi accertati nel mondo sono in costante aggiornamento.

Ecco dove reperire dati attendibili e aggiornati in tempo reale:

Per l’Italia:

l’Istituto Superiore della Sanità fornisce gli aggiornamenti sull’epidemia sulla pagina dedicata al coronavirus.

Pediatra libero professionista a Bergamo. Tutor di Pediatria per il corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano Bicocca.

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