Epatite A: come si trasmette, come si previene
Cosa è l’epatite A
E’ l’infezione del fegato ad opera di un virus (detto virus dell’epatite A, indicato anche con la sigla HAV), che può portare a danneggiamento e distruzione delle cellule epatiche. E’ responsabile di circa il 20% dei casi di epatite. L’epatite A è presente ovunque, soprattutto nei Paesi del sud del mondo e a basso standard sociosanitario. In Italia grazie al miglioramento delle condizioni igienico sanitarie, la frequenza di casi di epatite A si è ridotta considerevolmente, tanto che attualmente si conta meno di 1 caso ogni 100.000 abitanti
Come si trasmette
L’epatite A viene trasmessa per via oro fecale, a partire da un soggetto affetto (che è già infettivo nella fase di incubazione e per tutta la durata della malattia).
Il bambino la può contrarre ad esempio:
- assumendo cibi preparati da un adulto che non si è ben lavato le mani dopo aver usato il bagno;
- bevendo acqua contaminata da feci infette; ciò avviene soprattutto in situazioni ambientali di precario livello igienico;
- toccando le feci di una persona infetta (ad esempio durante il cambio del pannolino), e poi portando le mani alla bocca;
- recandosi in paesi dove l’epatite A è diffusa (paesi di basso livello igienico-sanitario).
Come si manifesta: i sintomi dell’epatite A
Si manifesta con un quadro di epatite acuta. Non tende mai a cronicizzare e si risolve in genere nel giro massimo di 3-6 mesi, senza complicazioni. Molto rari i casi ad evoluzione grave e fatale.
Il periodo di incubazione, compreso tra il momento dell’infezione e la comparsa dei sintomi, varia da 2 a 6 settimane.
I sintomi possono variare da bambino a bambino, o spesso addirittura non manifestarsi (soggetti asintomatici).
Molti sintomi sono poco caratteristici e quindi attribuibili anche ad altre condizioni:
- febbre;
- malessere generale;
- inappetenza;
- nausea e talora vomito;
- mal di pancia e diarrea;
- dolori articolari e muscolari;
- sintomi similinfluenzali;
- pomfi pruriginosi, tipo orticaria.
Altri sintomi sono più indicativi di epatite A:
- ittero, cioè colorazione gialla della pelle, delle sclere (la parte bianca dell’occhio);
- urine scure;
- feci chiare.
Come si diagnostica
I sintomi solitamente già sono un buon indizio per la diagnosi. La visita da parte del pediatra può verificare la presenza di ittero e/o di un ingrossamento e/o dolore in corrispondenza del fegato (in alto a destra nell’addome).
Il pediatra potrà prescrivere esami del sangue, che in caso di epatite mostreranno
- una riduzione dei globuli bianchi,
- un aumento degli enzimi epatici (transaminasi in particolare, segno di danno delle cellule del fegato),
- aumento della bilirubina (a conferma dell’ittero)
e valuteranno
- la funzionalità del fegato,
- lo stato della coagulazione (il fegato produce vitamina k e molti fattori necessari per la coagulazione del sangue),
e ricercheranno gli anticorpi anti HAV – IgM, che confermano la diagnosi di epatite da virus A.
Anche l’ecografia epatica è un esame non invasivo e molto utile per valutare sia l’ingrandimento del fegato, sia la sua struttura interna.
Come si cura
In caso di epatite da virus A non è disponibile una terapia specifica.
In generale, l’obiettivo della terapia è lenire i sintomi (farmaci per il prurito, dieta leggera, riposo). Nei casi severi può essere necessario ospedalizzare il paziente.
Come si previene
La prevenzione vaccinale è molto importante, soprattutto per chi si reca in aree a rischio in cui l’epatite A è diffusa.
Molto importanti anche i comportamenti adatti a prevenire la trasmissione per via oro fecale.
Sempre
Lavare bene e spesso le mani, per almeno 1 minuto, con acqua e sapone, soprattutto prima e dopo aver cucinato e prima e dopo essere andati in bagno o aver cambiato il pannolino al bambino.
Nel caso una o più persone della famiglia siano malate
Le persone malate non devono cucinare né maneggiare alimenti e devono stare a distanza da neonati o bambini con malattie croniche o difese immunitarie ridotte:
- rifiuti e indumenti sporchi delle persone sane devono essere accuratamente separati da quelli dei malati, che vanno riposti in contenitori chiusi, in doppi sacchetti da chiudere e svuotare quotidianamente indossando guanti e mascherina;
- è necessario pulire e sanificare almeno quotidianamente il bagno, indossando guanti monouso e mascherina e utilizzando disinfettanti, in particolare alcool etilico al 70% e candeggina in soluzione costituita da candeggina diluita con acqua in base alla percentuale di cloro dichiarata nell’etichetta. Se la percentuale di cloro sull’etichetta della confezione di candeggina acquistata è dell’1%, ogni litro di candeggina va diluito in 2 litri di acqua, se è del 3% con 6 litri di acqua, se è del 4% in 8 litri di acqua, se del 5% in 10 litri di acqua.
- gli effetti personali (spazzolini lametta, salviette, accappatoi, ecc.) del malato devono essere anche fisicamente separati rispetto a quelli dei sani;
- water, doccia, vasca da bagno e lavandino vanno disinfettati subito dopo il loro utilizzo da parte di persone malate
In caso di viaggi in paesi a rischio
- Bere solo acque e bevande imbottigliate; accertarsi che le confezioni siano sigillate (meglio se provenienti da paesi con elevati sistemi di controllo e sicurezza igienica);
- se ciò non è possibile, prima di utilizzare l’acqua farla bollire per almeno 15 minuti;
- non aggiungere ghiaccio alle bevande;
- preparare thè e altri infusi solo con acqua bollita;
- lavare i denti con acqua in bottiglia;
- bere latte solo se bollito, non mangiare gelati, panna o formaggi freschi, maionese e dolci con creme crude (ad esempio: tiramisù);
- sbucciare la frutta, evitare frutta già sbucciata (ad es. macedonia), o con buccia rovinata e verdure crude (se non si è certi che siano state ben lavate con acqua potabile);
- non cibarsi di carni crude o poco cotte;
- evitare frutti di mare e pesce non ben cotto;
- non acquistare cibi manipolati o venduti all’aperto e in presenza di mosche;
- non immergersi in acque stagnanti.
In caso di esposizione al virus dell’epatite A è possibile sia assumere le immunoglobuline antiepatite A, o preferibilmente eseguire il vaccino antiepatite A, purchè ciò avvenga entro 14 giorni dal momento dell’esposizione.