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Informazioni e consigli sulla crescita e la salute del bambino,
solo da medici pediatri e professionisti qualificati.

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Covid e riapertura delle scuole: le domande dei genitori, le risposte del pediatra

Perché è importante che le scuole  rimangano aperte?

La chiusura prolungata delle scuole priva i bambini (e in generale i soggetti in evoluzione) di opportunità di crescita e sviluppo, soprattutto in coloro che vivono in contesti disagiati e che hanno quindi minori opportunità educative al di fuori della scuola.

La vita sociale scolastica aiuta i bambini ad imparare dai loro pari e ha un impatto positivo sul loro senso di identità e sulla loro personalità. Depressione, rabbia e senso di colpa sono riscontri frequenti nei bambini o ragazzi costretti ad interrompere le relazioni coi loro pari per una prolungata assenza da scuola.

La scuola e le attività extrascolastiche contribuiscono inoltre un modo significativo a garantire al bambino ritmi quotidiani regolari, stabili e plausibili. Ed infatti, per i bambini e ragazzi tendenti ad ansia e depressione, la perdita di tali attività può peggiorare i sintomi e accentuare ulteriormente la loro tendenza al ritiro sociale e alla perdita di fiducia in se stessi e nel futuro.

Ecco perché la frequenza scolastica rappresenta una priorità da perseguire, anche se necessariamente mediando con le esigenze di protezione determinate dal rischio infettivo.

I bambini che frequentano la  scuola possono contrarre e trasmettere il Covid-19?

Le ricerche fino ad ora effettuate dimostrano che i bambini possono infettarsi con Covid-19 e diffondere il virus durante la malattia. Tuttavia non vi sono evidenze che dicano che i bambini e/o la  scuola sono i principali  diffusori  dell’infezione, soprattutto perché i bambini sviluppano forme lievi e spesso asintomatiche.

Frequentare  la scuola può rappresentare un pericolo per il mio bambino?

In generale, i bambini tendono a sviluppare forme di infezione da Covid-19 asintomatiche o comunque lievi, rispetto agli adulti. Anche il riscontro di bassi livelli di anticorpi nei bambini che hanno contratto il virus sembrerebbe confermare che essi sono meno esposti ad infezioni gravi e quindi meno in grado di trasmettere il virus.

D’altra parte, tornare a  scuola è una necessità primaria per i bambini, sia per garantire loro un adeguato ambiente di apprendimento, sia per limitare gli effetti negativi che il lockdown ha provocato al loro sviluppo psicoaffettivo.

A quanto si sa attualmente, l’ambiente scolastico (a patto che si rispettino le regole generali di cui si è detto!)  non comporta un rischio aumentato di diffusione del virus rispetto ad altri ambienti di socializzazione. Viceversa, sono proprio gli ambienti familiari quelli in cui si è dimostrata più probabile la trasmissione del virus da adulti a bambini.

Come fare a capire se il bambino ha il Covid-19?

I sintomi del Covid-19, soprattutto nel bambino, che solitamente è affetto da forme molto lievi, sono molto simili ad una comune infezione respiratoria o gastrointestinale virale o batterica. Molto spesso quindi la diagnosi è possibile solo eseguendo un tampone.

Gli adulti possono contribuire al rischio di diffusione del Covid-19?

Certamente: sia gli insegnanti e il personale non docente che operano nell’ambiente scolastico, sia i genitori e le persone che accompagnano il bambino a scuola possono essere uno strumento importante di diffusione del Covid-19 all’interno della società. Per questo è importante che essi per primi rispettino le regole igieniche per prevenire la trasmissione interpersonale del Covid-19 e soprattutto che evitino di frequentare la scuola, i bambini e gli altri adulti se hanno febbre o sintomi respiratori.

Un nodo cruciale sembrano essere i trasporti, che rischiano di creare condizioni dia assembramento di adulti e bambini, e quindi diventare un motore di diffusione del Covid-19 più ancora dell’ambiente scolastico in sé.

Le scuole rischiano di diffondere il virus al resto della società?

Non è nota la reale trasmissibilità di SARS- CoV-2 nelle scuole, anche se sono segnalati in letteratura scientifica casi di focolai a partenza scolastica. Più in generale, non è noto quanto i bambini, prevalentemente asintomatici, trasmettano SARS-CoV-2 rispetto agli adulti, anche se la carica virale di bambini sintomatici e asintomatici (e quindi il potenziale di trasmissione) non è statisticamente differente rispetto a quella degli adulti. Tutto questo rende molto incerto il ruolo della trasmissione nelle scuole a partire da settembre sull’epidemiologia complessiva di SARS-CoV-2.

A differenza dell’influenza e di altri virus (in cui i bambini e le scuole rappresentano fattori importanti e spesso determinanti nella diffusione dell’epidemia all’interno della società), il Covid-19 non sembra avere nei bambini e nell’ambiente scolastico il principale motore di diffusione. Alcune ricerche hanno dimostrato che anche quando sono stati identificati casi infantili di malattia da Covid-19 a scuola, i contatti stretti e familiari dei bambini infetti non sono stati trovati poi positivi nel periodo immediatamente successivo, segno che i bambini non sono i principali trasmettitori del virus verso gli adulti.

Quali sono le principali misure per prevenire la diffusione dell’infezione nelle scuole?

Non è noto l’impatto che delle misure di riorganizzazione scolastica per il Covid-19. Al di là degli specifici provvedimenti, per prevenire e limitare la diffusione del Covid-19 nell’ambiente scolastico è comunque necessario:

  • favorire il distanziamento fisico tra tutti i soggetti che frequentano l’ambiente scolastico (bambini, personale scolastico docente e non docente, genitori)
  • interrompere immediatamente la frequenza scolastica e l’accesso alla scuola di bambini ed adulti con sintomatologia compatibile con Covid-19;
  • favorire la ventilazione degli ambienti scolastici;
  • ricorrere regolarmente e frequentemente al lavaggio e/o disinfezione delle mani;
  • utilizzare la mascherina quando possibile;
  • assicurare una accurata e regolare sanificazione degli ambienti.

Tali provvedimenti hanno anche lo scopo di limitare la diffusione tra i bambini (e di conseguenza nelle famiglie) delle comuni infezioni respiratorie non-Covid (come l’influenza) che inevitabilmente la scuola contribuisce a diffondere nella società, mettendo sotto pressione famiglie, operatori e strutture del Sistema Sanitario e sistema produttivo.

E’ necessario che i bambini e i ragazzi indossino le mascherine a scuola?

Ad oggi, le indicazioni del Ministero della Salute per la riapertura della scuola prevedono l’uso della mascherina per gli studenti dai 6 anni in poi, che può essere tolta al banco se è garantita la distanza di almeno un metro dagli altri compagni.

Anche se indossare la mascherina è un’abitudine utile e da mantenere soprattutto in contesti in cui non sia possibile mantenere il distanziamento tra le persone, occorre considerare che i bambini della primaria tendono a non tollerarla e/o a indossarla ed utilizzarla in modo scorretto. E’ molto importante quindi che, indipendentemente dall’uso della mascherina, essi seguano scrupolosamente abitudini quali lavarsi o disinfettarsi frequentemente le mani, starnutire o tossire nell’incavo del gomito ed evitare di toccarsi occhi, naso e bocca con le mani. In ambito scolastico, sarà anche importante evitare il più possibile occasioni di possibile contatto diretto, come la condivisione di cibo o bevande durante l’intervallo.

Invece gli adulti (docenti, personale non docente, genitori) che accedono o operano nella scuola, e gli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado dovrebbero indossare sempre la mascherina.

Come saranno gestiti i focolati di Covid-19 nelle scuole?

L’Istituto Superiore di Sanità ha stabilito le procedure da seguire nei vari scenari di contagio possibili in ambito scolastico (Rapporto ISS Covid-19 n° 58/2020 del 21 agosto “Istruzioni operative per la gestione di casi e focolai di Covid-19 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia”). Vediamo quelli che maggiormente riguardano bambini e genitori, cioè i casi in cui il bambino si ammali mentre è a scuola o a casa. Le procedure sono analoghe nel caso in cui sia un insegnante ad ammalarsi.

Bambino che si si ammala a scuola

Nel caso in cui un alunno, mentre è a scuola, presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5°C o un sintomo compatibile con COVID-19

  1. il referente scolastico per COVID-19 deve telefonare immediatamente ai genitori/tutore legale e ospitare l’alunno (facendogli indossare la mascherina chirurgica se ha più di 6 anni) in una stanza dedicata o in un’area di isolamento, in compagnia di un adulto dotato di mascherina chirurgica, fino all’arrivo del genitore/tutore legale;
  2. il referente scolastico può direttamente indirizzare i genitori a portare il bambino ad eseguire il tampone per Covid-19;
  3. i genitori devono contattare il pediatra telefonicamente per informare ragguagliarlo sulle condizioni cliniche del bambino;
  4. il Dipartimento di prevenzione provvede all’esecuzione del tampone e si attiva  per l’approfondimento dell’indagine epidemiologica e le procedure conseguenti, tra cui l’isolamento del bambino al suo domicilio e dei contatti stretti, in attesa dell’esito del tampone.

Se il tampone risulta negativo, è facoltà del pediatra richiedere l’esecuzione di un secondo tampone. Se anche questo risultasse negativo, il bambino potrà essere riammesso a scuola solo quando tutti i sintomi sono regrediti, con certificazione da parte del pediatra.

Se il test è positivo, per il rientro in comunità bisognerà attendere almeno 10 giorni dal tampone positivo e la guarigione clinica (cioè la totale assenza di sintomi) da almeno tre giorni  e la conferma di avvenuta guarigione mediante un tampone. Se il tampone risulta negativo, il bambino potrà definirsi guarito, altrimenti proseguirà l’isolamento. Il referente scolastico COVID-19 fornirà al Dipartimento di prevenzione l’elenco dei compagni di classe e degli insegnanti del caso confermato che sono stati a contatto nelle 48 ore precedenti l’inizio dei sintomi. I contatti stretti individuati dal Dipartimento di Prevenzione saranno posti in quarantena per 14 giorni dalla data dell’ultimo contatto con il caso confermato, dopo di che, se non avranno sviluppato sintomi, potranno essere riammessi a scuola (alternativamente dopo 10 giorni e con tampone negativo).

Bambino che frequenta la scuola che si ammala a casa

Nel caso in cui un alunno presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5°C o un sintomo compatibile con COVID-19, presso il proprio domicilio

  1. l’alunno deve restare a casa e i genitori devono informare il pediatra e comunicare l’assenza scolastica per motivi di salute;
  2. il Pediatra, in caso di sospetto COVID-19, richiede il tampone e avvisa al Dipartimento di Prevenzione dell’ATS;
  3. il Dipartimento di prevenzione provvede all’esecuzione del test diagnostico e si attiva per l’approfondimento dell’indagine epidemiologica e le procedure conseguenti, compreso l’isolamento del bambino e dei contatti stretti, almeno fino all’esito del tampone.

Se il tampone risulta negativo, è facoltà del pediatra richiedere l’esecuzione di un secondo tampone. Se anche questo risultasse negativo, il bambino potrà essere riammesso a scuola solo quando tutti i sintomi sono regrediti, con certificazione da parte del pediatra.

Se il test è positivo, per il rientro in comunità bisognerà attendere almeno 10 giorni dal tampone positivo e la guarigione clinica (cioè la totale assenza di sintomi) da almeno tre giorni  e la conferma di avvenuta guarigione mediante un tampone. Se il tampone risulta negativo, il bambino potrà definirsi guarito, altrimenti proseguirà l’isolamento. Il referente scolastico COVID-19 fornirà al Dipartimento di prevenzione l’elenco dei compagni di classe e degli insegnanti del caso confermato che sono stati a contatto nelle 48 ore precedenti l’inizio dei sintomi. I contatti stretti individuati dal Dipartimento di Prevenzione saranno posti in quarantena per 14 giorni dalla data dell’ultimo contatto con il caso confermato, dopo di che, se non avranno sviluppato sintomi, potranno essere riammessi a scuola (alternativamente dopo 10 giorni e con tampone negativo).

Bambino che sta bene, ma con un malato di Covid-19 in famiglia

In tal caso,

  • se il malato è stato ricoverato o comunque isolato in ambiente separato dal bambino, il bambino deve essere tenuto a casa da scuola, tenuto in osservazione per 14 giorni dopo l’ultimo contatto col malato (o 10 giorni con tampone negativo al termine dei 10 giorni) e riammesso al termine del periodo di quarantena se nel frattempo non ha sviluppato sintomi;
  • se invece il malato rimane nello stesso ambiente del bambino, i 14 giorni di quarantena prima della riammissione vengono conteggiati a partire dal momento in cui sono passati almeno 8 giorni dall’inizio dei sintomi del malato e quest’ultimo non ha più febbre e presenta miglioramento dei sintomi da almeno 3 giorni. In totale, quindi, nella migliore delle ipotesi, il periodo di quarantena del bambino durerà 25 giorni a partire dall’inizio dei sintomi del malato convivente (almeno 8 giorni dall’inizio dei sintomi+3 giorni senza febbre e miglioramento dei sintomi+ 14 giorni= 25 giorni).

Per emettere il certificato di riammissione a scuola il pediatra potrebbe richiedere il tampone?

Nei casi in cui per riammettere a scuola il bambino sia richiesto il certificato del pediatra (assenza per più di 3 giorni consecutivi), questi potrebbe essere costretto a richiedere il tampone. Infatti, data l’impossibilità di distinguere tra Covid-19 e “normali” infezioni virali solo sulla base dei sintomi e della visita, il pediatra si trova di fronte al rischio di certificare erroneamente che un bambino è riammissibile a scuola (e quindi per definizione non portatore di Covid-19), con conseguente rischio di contribuire a diffondere il virus nell’ambiente scolastico frequentato dal bambino.

Cosa devono fare i genitori?

I genitori hanno la responsabilità di vegliare sulla salute del bambino a casa, e in particolare di misurare quotidianamente la temperatura corporea del bambino prima di inviarlo a scuola.

Se il bambino ha febbre, o sviluppa sintomi compatibili con Covid-19, sia a casa che a scuola,  i genitori devono quindi contattare tempestivamente il pediatra e tenere il bambino a casa da scuola fino a che i sintomi non sono completamente regrediti.

La collaborazione dei genitori è importante anche nel rispettare le norme di isolamento del bambino e dei familiari eventualmente prescritte in attesa del risultato del tampone, anche se ciò comporta dei disagi sul piano logistico e lavorativo.

In caso di ripresa dell’epidemia le scuole dovrebbero essere nuovamente chiuse?

Il ruolo dei bambini nella trasmissione della malattia rimane poco chiaro, e quindi anche il ruolo della scuola nella diffusione del Covid-19 rimane in dubbio: infatti, se è vero che non sono stati identificati grossi focolai chiaramente ad origine scolastica anche durante la pandemia, è altrettanto vero che ciò potrebbe essere dovuto al fatto he i bambini sono spesso asintomatici e quindi passare inosservati.

Comunque, se vengono presi appropriati provvedimenti per limitare la trasmissione del virus nell’ambiente scolastico, è improbabile che tale ambiente giochi un ruolo determinante nella diffusione dell’epidemia.

D’altra parte, la scuola deve essere considerata una necessità primaria per il bambino, per cui una chiusura generale e stabile della scuola dovrebbe essere vista come un provvedimento estremo, e non prioritario rispetto a tutti gli altri provvedimenti sociali utili a limitare la trasmissione del Covid-19.

Sono utili i tamponi?

Da quanto detto sopra, è evidente che la ripresa delle attività scolastiche comporterà un numero crescente di situazioni probabilmente non Covid-19, ma compatibili con Covid-19, e quindi meritevoli di approfondimento diagnostico.

Un punto cruciale quindi per garantire da un lato un adeguato controllo dei possibili focolai scolastici e dall’altro per limitare disagi alla famiglia e al bambino è la tempestività e rapidità della diagnosi. In questo senso, oltre alla rapidità delle procedure, potrebbero essere di grande utilità i nuovi strumenti diagnostici (tamponi “rapidi”) recentemente approvati dal CTS (Comitato Tecnico Scientifico) del Ministero della Salute.

Pediatra libero professionista a Bergamo. Tutor di Pediatria per il corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano Bicocca.

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