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Epatite B: perché è pericolosa , come si trasmette, come si previene

Cos’è l’epatite B

E’ l’infezione del fegato ad opera di un virus (detto virus dell’Epatite B e indicato anche con la sigla internazionale HBV Hepatitis B Virus), che può portare a danneggiamento e distruzione delle cellule epatiche. Tende più facilmente a cronicizzare. L’epatite cronica è – soprattutto in paesi a basso livello socio-sanitario – un grave problema di salute pubblica, anche perché comporta un maggior rischio di sviluppare cirrosi epatica e cancro al fegato.

Come si trasmette il virus dell’epatite B

Il virus dell’Epatite B (indicato anche con la sigla internazionale HBV Hepatitis B Virus) si trasmette attraverso sangue infetto, sperma o liquidi vaginali.

Per via diretta:

  • trasmissione dalla madre al nenonato durante la gravidanza o il parto: è la modalità più frequente di contagio del bambino; il rischio per una madre affetta da epatite B di contagiare il feto in gravidanza è molto alto; il contagio avviene solitamente durante la gravidanza o il parto, raramente durante l’allattamento, ad esempio a causa del contatto col sangue materno per via di ragadi sanguinanti;
  • ferite, tagli o punture con aghi o strumenti infetti;
  • trasfusione di sangue o derivati del sangue infetti (rischio non più presente nei paesi evoluti, grazie a metodiche di controllo sui donatori e sulla gestione degli emoderivati);
  • rapporti sessuali non protetti.

Per via indiretta:

Poiché il virus resiste sulle superfici e sugli oggetti per una settimana, è possibile anche che il virus penetri nel sangue per contatto di tali oggetti (soprattutto spazzolini da denti, forbicine, pinzette, rasoi, pettini, tatuaggi, piercing o pratiche estetiche e odontoiatriche condotte senza utilizzare strumenti usa e getta o comunque di volta in volta sanificati).

Sono perciò a rischio:

  • bambini nati da donne gravide infette;
  • bambini conviventi con persone infette;
  • bambini con difetti di coagulazione (ad esempio emofilia), che necessitano frequentemente di trasfusioni di sangue e derivati;
  • bambini che necessitano di dialisi perché affetti da insufficienza renale;
  • teen-ager con comportamenti a rischio (tossicodipendenza, rapporti sessuali non protetti, tatuaggi e piercing in contesti non sicuri igienicamente).

Come si manifesta

L’incubazione (tempo tra l’infezione e la comparsa dei sintomi) è lunga, mediamente tra 60 e 90 giorni, ma talora anche più lunga, fino a 6 mesi.

In base al decorso, l’epatite può essere

  • acuta: compare improvvisamente e in poco tempo regredisce;
  • cronica: dura più di 6 mesi, progredisce  più lentamente e in modo meno evidente, producendo però danni nel tempo.

L’epatite B tende più frequentemente a cronicizzare e di conseguenza a favorire lo sviluppo di un cancro del fegato. La cronicizzazione è molto probabile (fino al 90%) in caso di epatite B contratta dal neonato dalla madre infetta, meno (intorno al 60%) se l’epatite viene contratta dal bambino successivamente.

I sintomi possono variare da bambino a bambino, o addirittura non manifestarsi. Molti sintomi sono poco caratteristici e quindi attribuibili anche ad altre condizioni, altri più indicativi di epatite.

Epatite acuta

Sintomi indicativi di epatite

  • Ittero, cioè colorazione gialla della pelle, delle sclere (la parte bianca dell’occhio)
  • Urine scure
  • Feci chiare

Sintomi attribuibili anche ad altre condizioni

  • Febbre
  • Malessere generale
  • Inappetenza
  • Nausea e talora vomito
  • Mal di pancia e diarrea
  • Dolori articolari e muscolari
  • Sintomi similinfluenzali
  • Pomfi pruriginosi, tipo orticaria

Epatite cronica

I sintomi possono essere molto lievi o assenti, limitandosi spesso solo ad una certa affaticabilità generale. Nel frattempo però il danno epatico progredisce, potendo causare, solitamente in età adulta, la comparsa di tumori maligni del fegato (epatocarcinoma) e cirrosi epatica, con grave compromissione della funzionalità “disintossicante” del fegato.

Epatite neonatale da virus dell’epatite B

I sintomi possono essere del tutto assenti o molto lievi, ma il rischio di cronicizzazione è molto elevato.

Diagnosi

La sintomatologia è già un indizio significativo, e la visita da parte del pediatra può indirizzare verso la diagnosi, verificando la presenza di ittero e/o di un ingrossamento e/o dolore in corrispondenza del fegato (in alto a destra nell’addome).

Il pediatra potrà prescrivere esami del sangue, che in caso di epatite

  • mostreranno aumento degli enzimi epatici (transaminasi in particolare, segno di danno delle cellule del fegato),
  • confermeranno l’ittero con un aumento della bilirubina,
  • valuteranno la funzionalità del fegato, lo stato della coagulazione (il fegato produce vitamina k e molti fattori necessari per la coagulazione del sangue),
  • ricercheranno gli antigeni e gli anticorpi rivolti verso il virus B (markers dell’epatite B) e anche il virus direttamente attraverso la ricerca del genoma virale.

Anche l’ecografia epatica è un esame non invasivo e molto utile per valutare sia l’ingrandimento del fegato, sia la sua struttura interna.

Altri accertamenti potranno essere necessari soprattutto in caso di cronicizzazione, come la biopsia epatica, la TAC e la Risonanza Magnetica.

Terapia

Per l’epatite B non è disponibile una terapia specifica.

In generale, l’obiettivo della terapia è limitare ed arrestare possibilmente il danno alle cellule del fegato, mediante farmaci come l’interferone e i nuovi farmaci antivirali, e lenire i sintomi (farmaci per il prurito, dieta leggera, riposo). Nei casi severi può essere necessario ospedalizzare il paziente.

Prevenzione

Vaccinazione

La prevenzione vaccinale è fondamentale, e viene praticata subito dopo la nascita (entro 12-24 ore) se la madre è positiva per l’epatite B, oppure insieme alle altre vaccinazioni nel primo anno di vita (vaccinazione esavalente). Se la vaccinazione viene praticata alla nascita sono necessarie altre 3 dosi, a 1 mese, 2 mesi e 11 mesi di vita, e un controllo degli anticorpi anti virus B a 2-3 mesi dall’ultima dose per verificare la protezione immunitaria contro il virus dell’epatite B.

Immunoprofilassi passiva

Consiste nella somministrazione di immunoglobuline, cioè anticorpi specificamente rivolti contro il virus  dell’epatite B. Viene praticata in caso di:

  • neonati da madre HbsAg positive (cioè con positività del test per l’epatite, praticato di routine a tutte le donne gravide): vengono somministrate al neonato subito dopo la nascita o comunque entro 12 ore dal parto, insieme alla prima dose del vaccino anti epatite B, e conferiscono un alto livello di protezione
  • puntura da ago infetto o rapporto sessuale non protetto con persona HbsAg positiva: vengono somministrate entro 48 ore e non oltre la settimana dalla puntura o dal rapporto.

Misure di prevenzione in ambito domestico

Molto importanti sono anche i provvedimenti per prevenire la trasmissione da persona a persona nei contesti familiari in cui vivano persone infette: in particolare è importante non condividere oggetti e strumenti che possono favorire la trasmissione indiretta del virus, come spazzole da bagno, spazzolini da denti, forbicine e altri strumenti per la cura della persona.

Prevenzione in caso di tatuaggi, piercing, manicure, pedicure, cure odontoiatriche

Altrettanto importante rivolgersi, per cure odontoiatriche, tatuaggi, piercing e procedure di manicure e pedicure, a professionisti che utilizzino strumenti usa e getta o comunque sottoposti a sistematica disinfezione con metodiche professionali (detersione e asciugatura, sterilizzazione  in autoclave, imbustatura sigillata dello strumentario).

Prevenzione in gravidanza

Nel primo trimestre di gravidanza viene consigliato lo screening per il virus dell’epatite B (HbsAg), e, in caso di positività, la determinazione durante la gravidanza della quantità di virus circolante (viremia) mediante un prelievo e ricerca dell’RNA HBV con metodica PCR. Nei casi in cui la quantità di virus circolante fosse elevata è indicata, nel terzo trimestre di gravidanza, la terapia della donna gravida con farmaci antivirali, in modo da ridurre la quantità di virus circolante e ridurre il rischio che, nonostante la vaccinazione e l’immunoprofilassi passiva immediatamente dopo la nascita, una piccola percentuale di neonati di madri affette da epatite B possa infettarsi ugualmente.

Allattamento

E’ consigliato, nel neonato vaccinato e che ha ricevuto gli anticorpi antipatie B, a meno che non vi siano ragadi sanguinanti.

Pediatra libero professionista a Bergamo. Tutor di Pediatria per il corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano Bicocca.

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