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Informazioni e consigli sulla crescita e la salute del bambino,
solo da medici pediatri e professionisti qualificati.

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Iperlassità legamentosa nel bambino

bambine fanno il ponte incurvando la schiena

Cos’è la lassità legamentosa

Per lassità legamentosa si intende una situazione caratterizzata da un’aumentata mobilità delle articolazioni del corpo dovuta al fatto che i legamenti che contribuiscono a “tenerle insieme” sono particolarmente estensibili (tecnicamente, appunto, “lassi”). Si tratta di una condizione fisiologica nel bambino piccolo, il cui tessuto connettivo è in fase di maturazione, ed infatti scricchiolii e scatti ai movimenti sono abbastanza comuni a questa età, per poi ridursi man mano che il tono dei legamenti aumenta e l’ipermobilità delle articolazioni diminuisce.

Le cause della lassità legamentosa

Solitamente la lassità legamentosa (e la conseguente aumentata mobilità delle articolazioni) è una caratteristica individuale di un soggetto, non collegabile ad una patologia vera e propria. In questi casi vi possono contribuire vari fattori, tra cui un ridotto tono muscolare, la forma e la struttura di ossa ed articolazioni e fattori ereditari. Talvolta questa situazione comporta anche dolori alle articolazioni. Spesso con l’avanzare dell’età la lassità tende a ridursi.
Raramente l’iperlassità legamentosa è una manifestazione di una vera e propria situazione patologica che coinvolge in genere il tessuto connettivo (presente in tutte le regioni e strutture del corpo) e che comprende quindi anche altre manifestazioni a carico di vari organi, ben identificabili da parte del pediatra.

Come si manifesta

I soggetti con iperlassità legamentosa sono in grado di flettere ed estendere le loro articolazioni (gomiti, ginocchia o anche schiena) ben oltre i limiti delle altre persone. Un segno tipico è la capacità di estendere l’indice della mano all’indietro fino a 90° senza provare alcun fastidio. Altri test, di pertinenza del medico, consentono di confermare la diagnosi.

Un altro sintomo abbastanza frequente, soprattutto col passare degli anni, è il dolore, sia alle articolazioni stesse, sia a distanza di queste, in quanto l’eccessiva mobilità delle articolazioni induce in modo riflesso contratture e tensione in muscoli e altre articolazioni. La schiena è una sede particolarmente interessata, soprattutto se ad essere interessati sono anche i dischi vertebrali, veri e propri cuscinetti di tessuto connettivo con funzione di ammortizzamento. Anche i piedi sono spesso interessati: al piattismo si aggiungono facilmente dolori locali e alle gambe, dovuti allo stress cui le ossa e i muscoli vengono soggetti perché poco “protetti” dalla scarsa tensione dei legamenti. Per lo stesso motivo nel tempo possono verificarsi curvature anomale della colonna vertebrale, come una ipercifosi che “ingobbisce” con l’andar del tempo il ragazzo o l’adulto, o talora una instabilità della colonna stessa.

Possono verificarsi più facilmente traumi (soprattutto lussazioni, cioè fuoriuscita di un osso da un’articolazione, ma anche distorsioni, soprattutto all’anca, al ginocchio e alle spalle), dovuti alla scarsa “tenuta” dei legamenti particolarmente lassi e talora anche ad una “scarsa sensibilità articolare” (il soggetto non avverte cioè come altri il grado di tensione cui l’articolazione è sottoposta).

Nei casi più seri, in cui è tutto il tessuto connettivo ad essere particolarmente lasso, possono esserci problemi alle cartilagini (ad esempio della rotula), alle valvole cardiache (prolasso della mitrale), vene varicose, dolori alla masticazione, problemi visivi (dislocazione del cristallino).

Quando consultare il pediatra

Il dolore, soprattutto se intenso, improvviso, invalidante (cioè che interferisce con le normali attività del bambino) è il principale motivo di consultazione. Anche cambiamenti nell’aspetto e nel grado di mobilità di un’articolazione vanno  subito segnalati al pediatra.

Cosa fare

Nei casi in cui l’unico sintomo è un’aumentata mobilità articolare non bisogna fare nulla, se non raccomandare comunque di non “sfruttare” o assecondare eccessivamente quella che può apparire, almeno in questi termini, come un’opportunità, e non come un problema. Da evitare quindi l’abitudine a far schioccare o “scattare” l’articolazione, quasi per gioco, perché può favorire poi nel tempo un’ulteriore riduzione della mobilità dell’articolazione, con conseguenti esiti traumatici.

Il dolore richiede invece, oltre al ricorso ad antidolorifici e all’applicazione del ghiaccio e al riposo temporaneo, una valutazione specifica caso per caso da parte del pediatra o dello specialista ortopedico, che valuteranno anche l’opportunità di eseguire approfondimenti più generali.

 

Pediatra libero professionista a Bergamo. Tutor di Pediatria per il corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano Bicocca.

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